Il Manifesto della Cucina Reale

Il Manifesto della Cucina Reale: verità o follia?

tratto dalla  La Gazzetta di Viareggio

di L'Anticuoco
Ci arriva dalle stanze del Buonumore, in cui sarà presso disponibile la versione integrale, Il Manifesto (o Vangelo) della Cucina Reale.
 Un documento, a firma Cuocersano.org, che non mancherà di suscitare polemiche, ma che pubblichiamo vista l'esigenza per cui è nato: salvare il signor Rossi dall'abisso gastronomico, facendogli risparmiare soldi e guadagnare salute. Salvare tutti noi dal mestierante che, anche in buona fede, rovina la ristorazione dalle fondamenta, gabbando il cliente. Non ci domandiamo se sia giusto o no, ma, tra le righe troviamo già alcuni esercizi di stile che lo rendono applicabile. Un'alternativa o un dogma alla Lars Von Trier? Vedremo.

Parte I
Manifesto della Cucina Reale.

Per far questo, lo chef deve rispettare alcuni comandamenti base:
  1. Conoscere i prodotti, la materia di cui sono fatti, la provenienza, la filiera

  2. Rispettare la stagionalità. E' la stagionalità che garantisce l'efficente e il pieno apporto di vitamine , sali minerali e altre sostanze benefiche per il nostro organismo. E' essenziale, inoltre, controllare il modo e il metodo di approvigionamento di ogni materia prima, in quanto, errori o azioni irrispettose influiscono sulla quantità d'acqua e sulle peculiarità del prodotto.

  3. Sono banditi insaporitori del gusto, spezie secche o in polvere. L'utilizzo del sale deve essere limitato e, quando è possibile, evitato. La marinatura è bandita.

  4. Conoscere le caratteristiche organolettiche di ogni prodotto. Ogni materia prima ha una percentuale variabile di acqua, grassi, proteine,vitamine, sali minerali, fibre e zuccheri. Il cuoco deve rispettare tempi e modi di cottura per non alterare gusto reale e salubrità della materia prima.

  5. Conoscere l'esatto metodo di cottura per ogni alimento. Il calore può essere indotto in diversi modi.
    I metodi sono i seguenti:
    a) Contatto: padella, antiaderente, griglia e piastra
    b) Immersione: in acqua o olio
    c) Aria: forno
    d) Vapore
    e) Sottovuoto
    f) Microonde

    Il metodo deve essere scelto a seconda della quantità d'acqua presente in un prodotto, determinata dalla freschezza e dal metodo di approvigionamento (raccolta, caccia, pesca). Dividendo i prodotti usualmente cotti in due macro aree: verdura e carne, possiamo asserire che Verdure hanno un'alta percentuale di acqua, vitamine e sali. Grazie a ciò, è tollerabile la cottura di contatto. Sconsigliata quella in immersione quando si parla di acqua (bollito mai), e tollerabile quella in olio, seppur sconsigliata. E' ammessa la cottura c). Complicata quella f) e vivemente consigliate quelle a vapore e in sottovuoto.

    Carne di qualsiasi specie: grasso aumenta, acqua cala. Per questa ragione è ammessa la cottuta a) ma solo in antiaderente: noi si attacca e rende possibile il controllo della cottura attraverso il giusto spessore e la giusta temperatura. Si vieta la cottura a piastra (porosità inquinanti) e a griglia (benzopirene cancerogeno). Si sconsiglia il bollito: elimina il sali minerali e innesca un meccanismo di perdita di sapore. Non c'è ecologia nel bollito. La cottura in olio ad alta temperatura è comunque vietata. Non c'è gastrosostenibilità nel fritto. La cottura al forno è ammessa solo se si rispettano gli spessori della materia e si evitano le grosse pezzature (evitare caramellizazione esterna). Nella cottura a vapore la sapienza dello chef può determinare il sapore che si esprime dalla materia, rispettando il regime degli spessori. La cottura f) è sconsigliata.
  6. Lo chef deve rispettare il giusto rapporto tra TEMPO/SPESSORE/TEMPERATURA.
    Più tempo si cuoce più si disperdono sostanze e si caramellizza il prodotto. A seconda dello spessore delle materie prime, lo chef deve aumentare o diminuire il tempo e la temperatura in maniera inversamente proporzionale.

    RISPETTANDO QUESTI 6 PUNTI LO CHEF EVITA DI INTERVENIRE ALCHEMICAMENTE CON INSAPORITORI ED AROMI NOCIVI SUL GUSTO REALE DEL PRODOTTO. IL GUSTO REALE DEL PRODOTTO E' LA VERITA', E' L'ESSENZA DELLA SCOPERTA GASTRONOMICA DI OGNI ESSERE UMANO.

  7. Assemblaggio: il prodotto trattato secondo il dogma della cucina reale esprime naturalmente il massimo di se stesso, ma ha comunque bisogno, per aumentarne digeribilità, nutrizione e appetibilità del giusto ASSEMBLAGGIO. L'assemblaggio deve rispettare il senso della dieta mediterranea e può essere fatto in piatto unico o in più portate
    a) Piatto Unico: Proteine, Carboidrati o Amidi, fibre, olio (trasportatore di sapori sempre e solo a crudo), Acidità
    L'equilibrio è determinato dal SAPORE e nessun elemento deve cannibalizzare l'altro. L'utilizzo del sale è più che altro concesso per frollare la carne selvaggia, in quanto, espelle acqua, diminuendo tempo di cottura, e sostanze gustativamente ardue per il palato. Del resto, è totalmente superfluo se si rispetta la Cucina Reale. Ecco perché (vedi punto 3) la marinatura è bandita, in quanto inutile.
    b) Oltre il piatto unico, le portate di un pranzo non devono mai essere inferiori a tre e mai superiori al fabbisogno nutrizionale giornaliero. Questo varia in funzione dello stile di vita: sedentario, sportivo o attivo.

  8. Suggestione. L'ultimo punto della Cucina Reale sta nella suggestione. E' l'ultimo, non deve mai superare o inficiare gli altri. La suggestione fa appello all'estetica innata dell'essere umano. La suggestione deve essere condizionata dalla stagionalità, in quanto è essa che stabilisce i colori e gli ingredienti. La suggestione non può prescindere dalla forma. La forma è legata alla miglior condizione di degustazione del piatto e deve esaltare gli sforzi fatti. Sono incoraggiati estro personale e geometrie, ma subordinati ai primi 7 punti.
Ristorante, Servizio, l'affare vino
  1. Non esiste più differenza tra sala e cucina. E' promosso l'interscambio delle figure professionali
  2. La formazione di un cameriere, di un maitre, di qualunque soggetto responsabile di una mansione di sala, incluso il sommelier, deve passare per un intensivo corso di cucina. Le figure professionali di sala devono interscambiarse con continui stage all'interno della cucina del ristorante dove lavorano.
  3. Cameriere e/o sommelier devono conoscere il piatto e il lavoro del cuoco.
  4. Il cuoco deve intraprendere una formazione intensiva sul vino.

    Il Vino
  1. Il vino non è, come un tempo, un alimento ma, altresì, non è neanche, come oggi è considerato, una bevanda. Il vino è un ingrediente della cucina reale che determina il risultato finale e deve esprimersi in un concetto di equilibrio generale.
  2. L'Enoteca può e deve promuovere quanti più vini possibili: l'Enoteca viene a distaccarsi dal concetto di ristorante. I piatti che escono da una cucina di Enoteca posso essere i più vari, all'interno dell'Enoteca il vino è uno scopo finale, non un ingrediente. I piatti dovrebbero comunque seguire un filo logico, molto spesso già sintetizzato dalla conoscenza sugli abbinamenti.
  3. Nel ristorante la scelta deve essere fatta in funzione delle peculiarità del piatto unico offerto o del percorso del pranzo o cena. In questi ultimi casi, il vino, in quanto tale è già imbottigliato, a cambiare possono essere gli ingredienti del piatto unico o del percorso. Nella definizione di cucina reale, quindi, la cantina – intesa classicamente – non serve più, in un ristorante. Il ristorante deve proporre sempre e solo, l'ingrediente vino migliore per quel tipo di piatto unico o percorso, volgarmente definibile menu del giorno. In questo concetto, è promosso l'utilizzo del dispenser vino all'azoto. Il ristoratore deve quindi offrire una scelta ampia ma prestabilita di ingrediente vino. Non si parla più di carta dei vini, ma di carta dei vitigni. E' matematico che, al piatto unico si abbini una sola tipologia di vitigno. Ogni vitigno può avere due etichette diverse. In un percorso, in un pranzo o in una cena, basandosi sui dogmi della cucina reale, il ristoratore DEVE offrire 2 vitigni a percorso, più l'eventuale vitigno in abbinamento al dolce. In un sistema semplice, con percorso prestabilito, perciò i vini presenti nel dispenser (a meno che non si possa servire direttamente la bottiglia – vedi numero di persone, richieste del cliente), sono 6 (2vitigni x 2 + 1 vitigno per il dolce x 2). Basilarmente ogni offerta poggia sul concetto 2+1, quindi, percorso carne 2+1, percorso pesce 2+1, percorso vegetariano/vegano 2+1, percorso pizza 2+1. In un ipotetico, assurdo, sistema di ristorazione completa, che prevede quattro percorsi, devono essere presenti 8 vitigni + 1 comune per il dolce, perciò 18 etichette i vino. E' come dire che in un ristorante che fa Carne e Pesce, i vini disponibili sono 10.
  4. Oltre il concetto di vino come ingrediente si va, figurativamente e gastrosostenibilmente, all'inferno. L'inferno, si sa, può essere bello, può essere concesso, ma non è mai gastrosostenibile.

Il patto con il cliente
  1. Il cliente, anch'egli ispirato alla cucina reale è un cliente esigente perché conosce e instaura, entrando in un ristorante reale un patto di fiducia che firma pagando il conto. E' parte attiva della scelta. E' un cliente che non ama farsi prendere in giro, che ricerca il piacere ma anche il benessere che deriva da un piacere che, quindi, si può ripetere all'infinito. Il cliente è un edonista. Si pone lui stesso davanti ad una verità incontestabile da un punto di vista nutrizionale, stagionale, tecnico. Rifiuta il malessere e si affida totalmente in un patto di fiducia al cuoco reale. Quest'ultimo è, da questo punto in poi, sottoposto ad un giuramento verso il Manifesto della Cucina Reale.
  2. Tutto ciò che paga in più, il cliente che è già consapevole dei dogmi e della qualità della cucina reale è solo servizio. Il rapporto qualità/prezzo cucina reale è fisso. Si sfocia nel buono e nel cattivo servizio, nel qualcosa in più che è prettamente scelta del cliente. Ad ogni luogo, ad ogni suggestione, il suo giusto prezzo.

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